Tra i molti stereotipi di genere, uno che emerge spesso nei discorsi, anche di persone colte, riguarda la presunta incapacità delle donne di collaborare e creare alleanze in vista del perseguimento di obiettivi. Se abbandoniamo tali preconcetti, tuttavia, possiamo vedere la realtà che ci circonda con occhi nuovi e la realtà dell’associazionismo femminile torinese è una dimostrazione delle grandi risorse relazionali delle donne.

Le associazioni femminili, a Torino, sono quasi una ventina, alcune delle quali nate da una costola del movimento femminista che vanta sul territorio un radicamento quarantennale. Il collegamento e la collaborazione tra tali associazioni è concreta e costante: le rappresentanti di ciascun gruppo, mensilmente, si incontrano, costituendo il Collettivo civico, per confrontarsi e preparare piani d’azione.

L’idea del Collettivo è stata inizialmente promossa da Scambiaidee, associazione femminile autonoma, indipendente ed autofinanziata che opera in tre direzioni egualmente importanti: la lotta contro gli stereotipi di genere, anche attraverso progetti educativi rivolti agli studenti, la sensibilizzazione contro la violenza domestica, la promozione della presenza femminile in politica e in posizioni apicali nel mondo del lavoro. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, le ultime elezioni amministrative del Comune di Torino hanno rappresentato un banco di prova; il Collettivo civico si è costituito nel periodo preelettorale poiché si avvertiva l’esigenza di creare una rete di sostegno a candidature femminili di riconosciuta sensibilità per le problematiche di genere. Tale rete ha permesso di ottenere ottimi risultati e, al momento, il mondo dell’associazionismo può contare sull’appoggio di diverse rappresentanti politiche, disponibili ad accogliere e portare avanti fattivamente i progetti presentati.

Il collettivo civico del 20 giugno si è riunito presso la Galleria delle donne di via Fabro, nel centro di Torino, in un’atmosfera calda e familiare; le partecipanti, più o meno giovani, appaiono unite da un orizzonte di pensiero comune, ma anche da relazioni amicali e solidali autentiche. Il primo argomento emerso è stato il convegno che si terrà a Paestum dal 5 al 7 ottobre 2012, dal titolo Primum vivere anche nella crisi. – e dal sottotitolo significativo, la sfida femminista al cuore della politica .

Il Collettivo mirava, in questa occasione, a fare il punto sulle attività svolte durante l’anno e sugli obiettivi raggiunti; in particolare è stato sottolineato come i rapporti con le istituzioni siano stati importanti e positivi e come sia fondamentale, anche per il futuro, consolidare e ampliare la rete relazionale e di collaborazione tra il mondo associazionista e il mondo politico-istituzionale. Un importante risultato conseguito è la prossima apertura di un tavolo di confronto, che coinvolgerà figure istituzionali, donne di cultura ed esperte del linguaggio: la discussione riguarderà messaggi culturali relativi agli stereotipi di genere veicolati dal linguaggio dei media, ma anche da quello dei libri scolastici ed è finalizzata alla definizione di linee guida per un rinnovamento dello stantio e ormai inadeguato linguaggio patriarcale. L’argomento, particolarmente sentito, ha dato spunto a commenti freschi e spontanei sull’uso della nostra lingua, con l’emergere di critiche a diverse espressioni d’uso comune – come l’utilizzo di aggettivi maschili per indicare insiemi di cose o persone in gran maggioranza di genere femminile – o giornalistico.

Ciò che è emerso chiaramente è che, davvero, le donne delle associazioni locali, portano avanti, con passione indomita, molte iniziative, realizzano progetti, si sostengono a vicenda, ottengono cambiamenti di rilievo per quanto riguarda la rappresentanza delle donne in politica e nelle aziende a partecipazione pubblica, lottano per riaffermare diritti che troppo spesso vengono rimessi in discussione, senza scoraggiarsi; prendono decisioni e varano progetti seguendo i tempi lunghi che la discussione democratica richiede e continuano a confrontarsi alla pari, senza creare sistemi gerarchici che possano assimilarsi a quelli tipici della società patriarcale, da loro criticata. Stupisce, ma forse non troppo, che questa realtà non trovi risonanza nei media; anche le televisioni locali, che forniscono informazioni relative al territorio, preferiscono riservare un ampio spazio delle loro rubriche e dei loro telegiornali al calcio. L’unico movimento che ha goduto della luce dei riflettori è Se non ora quando, la cui presenza è stata spettacolarizzata in un momento ben preciso della vita politica nazionale.

Mi sono confrontata con Pier, rappresentante di Scambiaidee, che i media non pubblicizzano l’impegno dell’associazionismo femminile, anche nel risolvere problematiche legate alla violenza di genere, all’integrazione, alla diffusione di modelli culturali e che, insomma, il loro lavoro viene scarsamente riconosciuto e conosciuto dall’opinione pubblica; lei, però, mi ha risposto, serafica, che l’importante è la sostanza, ciò che si fa, non l’immagine che ne risulta all’esterno.

Condivido solo in parte, perché vorrei che le donne e gli uomini di ogni generazione, ma soprattutto le giovani donne, ancora alla ricerca della loro identità, sapessero che esistono donne come Pier, che si impegna quotidianamente per l’affermazione dei diritti delle donne da trent’anni, come Milli, che gestisce la Galleria delle donne e crea occasioni d’incontro e di diffusione di cultura di genere, come Emiliana, che spende le sue competenze per l’Archivio delle donne in Piemonte: sono donne reali, che possono costituire dei modelli di comportamento molto più realistici e costruttivi di quelli che il mondo dello spettacolo propone. Vorrei anche che si sapesse come le donne possano ottenere risultati concreti, perché sanno lavorare insieme, stringere alleanze intergenerazionali, sopportare la lentezza dei cambiamenti, costruire relazioni significative che si ampliano fino a formare reti di solidarietà e supporto; non lo fanno per apparire o ottenere personalmente posizioni di potere, ma per la volontà di perseguire un bene comune per cui non si stancano di agire, per la convinzione che creare una società diversa, in cui una donna sia considerata pienamente persona, alla pari dell’uomo, è possibile e necessario.